Riuscire a presentare tutte le persone che fanno parte di DUAL…
Click, share, connect: il potere di condividere
Nel frenetico e incalzante reticolo di connessioni in cui siamo immersi, il digitale non è soltanto una sfaccettatura della nostra esistenza, ma è divenuto l’epicentro della nostra realtà quotidiana. L’esperienza stessa della connessione è un atto naturale della nostra routine: sveglia, check rapido alle notifiche, colazione e via così per tutto resto della giornata; ogni pausa dai nostri doveri e appuntamenti equivale a uno scroll sui social, alla lettura di un post, alla visione di un reel.
E così come la connessione, anche la condivisione è diventata parte integrante delle nostre vite, un atto il cui potere non può essere sottovalutato perché è proprio attraverso di essa che riusciamo a creare legami emotivi e sociali, a protrarci verso gli altri. Un’azione che si può esplicare nella semplice chiamata a un amico per aggiornarlo sulle ultime novità, fino ad arrivare a quella condivisione che ci fa sentire di appartenere a un’entità più grande, una comunità sparsa per il globo.
Certo, se fino a qualche decennio fa la condivisione era circoscritta ad azioni ben consolidate, i social network ne hanno del tutto mutato il paradigma, allargandone la portata sia in termini di distanza che di tempo; ma come ogni strumento potente, anche quello della condivisione va usato con le dovute accortezze.
Piattaforme come Facebook e Instagram ci hanno permesso di esprimere e condividere sentimenti, pensieri ed esperienze con una rapidità e una facilità senza precedenti, creando un flusso di scambi incessanti che ogni giorno danno vita a comunità virtuali, forgiano relazioni, spargendo messaggi universali e riuscendo così a valicare i confini del mondo fisico.
Tutto ciò è solo una parte dei vantaggi che il potere di condividere può dare: si può condividere per mettere insieme conoscenze o per imparare dall’altro; ma proviamo a pensare qualche anno fa, con un mondo in balia del Covid, tutti rintanati nelle proprie case ma uniti dalla possibilità di poter mettere insieme le rispettive vite, almeno virtualmente. La condivisione ci fa sentire meno soli, un tassello di un puzzle che si incastra nel disegno globale.
Tuttavia, la medaglia della condivisione digitale presenta anche il suo rovescio. La facilità di condivisione può talvolta tradursi in tensioni e malintesi, specialmente quando il contenuto pubblicato non viene interpretato come previsto e, inoltre, l’abuso dei social media può portare a dipendenza e isolamento, minando la qualità delle relazioni nella vita reale.
Può portarci a rinchiuderci nelle cosiddette Filter Bubble, concetto coniato dallo scrittore e attivista Eli Pariser. Pariser le definisce come delle bolle in cui gli algoritmi ci trascinano relegandoci a categorie di fruizione precise, basate pedissequamente sui nostri interessi, che possono però farci perdere di vista la vastità delle opinioni e chiudere a riccio nelle nostre convinzioni, creando un ambiente in cui siamo esposti principalmente a contenuti che confermano e rafforzano le nostre opinioni preesistenti.
Il pericolo reale nella società digitale è che queste bolle non solo limitino la nostra esposizione a idee diverse e opinioni contrastanti, ma che possano anche influenzare sottilmente il nostro modo di pensare e percepire il mondo.
In un mondo dominato dalla sovraesposizione, costantemente connesso, è quindi importante preservare una dimensione di apertura mentale e ricerca attiva della diversità di opinioni, per favorire un dialogo inclusivo e informato che ci aiuti a non cadere vittime del rovescio di questa medaglia.
La chiave per navigare efficacemente il mare dei social media risiede nel mantenimento di un equilibrio sano, nella comprensione dei propri limiti e nel rispetto altrui, che sono tasselli fondamentali per costruire connessioni significative e preservare la propria privacy e sicurezza online così come è quantomai importante esercitare discrezione nella condivisione di informazioni personali o di terzi. Come dicevano i Romani, in media stat virtus, la via giusta sta sempre nel mezzo e se i social media si rivelano da una parte potenti amplificatori di cause e messaggi positivi, di azioni e voci collettive, dall’altra possono essere anche causa di isolamento sociale.
È per questo che in un’epoca digitale, in cui il ritmo della vita è scandito dal battito dei nostri click online, l’arte della condivisione può ergersi come un ponte verso l’unione e la comprensione reciproca, solo se ben adoperata!
E la palla qui, passa a noi!
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